Design

Progettare a Capraia: riflessioni e appunti scritti prima di partire

Glocal Impact Network
Questo testo non nasce con l'intento di insegnare qualcosa. È una raccolta di pensieri, dubbi, metodi e intenzioni che ci siamo detti — a bassa voce — prima di iniziare un percorso di co-progettazione sull’isola di Capraia. Lo condividiamo per trasparenza, per confronto, e per chi crede che progettare significhi anche fermarsi a pensare prima di agire.

Ho iniziato a scrivere questo testo non appena il traghetto ha lasciato gli ormeggi nel porto di Livorno per iniziare il viaggio che in poco meno di 3 ore ci avrebbe fatto raggiungere Capraia.
 
Co-progettare relazioni, luoghi e possibilità nelle isole minori
Progettare in una piccola isola come Capraia non è solo un’operazione tecnica. È una vera e propria sfida, perché prima ancora di co-progettare soluzioni, occorre aprire uno spazio per immaginare nuove possibilità di vivere i luoghi insulari: nuovi modi di abitare, di incontrarsi, di lavorare e di costruire senso collettivo.
In un contesto dove, durante l’inverno, risiedono meno di 200 persone, non basterà attivare percorsi creativi: sarà necessario avviare un processo profondo, fatto di ascolto e dialogo continuo. Un processo che parta dalle memorie locali, dai corpi e dai luoghi, e che generi le condizioni per immaginare futuri possibili, autentici e condivisi. In una comunità dove oltre la metà degli abitanti ha più di cinquant’anni, progettare scenari futuri non sarà semplice. Ma è proprio qui che si cela la sfida più significativa.
 
In questo percorso ci accompagna la visione della Fondazione Sanlorenzo, che sostiene il progetto. Con la Fondazione vogliamo contribuire a trasformare le isole minori italiane in luoghi dove poter crescere e restare.

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L’immaginazione come punto di partenza progettuale
Prima ancora di progettare spazi, attività o servizi, è fondamentale attivare l’immaginazione delle persone. In un’isola piccola, dove gli spazi di incontro sono pochi e la socialità si basa su abitudini consolidate, aiutare gli abitanti a immaginare nuove possibilità è già un primo passo verso il cambiamento. In questo senso, l’immaginazione non è un gesto astratto, ma uno strumento concreto per far emergere desideri, bisogni sommersi e visioni ancora inesplorate.
 
Come farlo, al di là della teoria? La prossima settimana lo scopriremo sul campo. Sappiamo però che sarà necessario costruire contesti semplici e accessibili, in cui le persone possano sentirsi libere di raccontare: cosa manca, cosa si evita, cosa si sogna. Serviranno tempo, ascolto, domande giuste e strumenti dinamici e informali in grado di facilitare il racconto. Potremo partire da storie personali, oggetti quotidiani, mappe emotive, fotografie del presente. L’importante è che l’immaginazione nasca dal vissuto, e non venga imposta dall’esterno.
 
Chi lavora nel design dei processi sa che l’immaginazione si può allenare. Ogni laboratorio, ogni camminata, ogni conversazione può diventare un’occasione per far emergere nuovi scenari. E non è detto che queste visioni si traducano subito in progetti concreti. A volte, il primo passo è semplicemente riconoscere che un futuro diverso è possibile. In un luogo piccolo, questo basta per mettere in moto qualcosa di grande.
 
 
Anatomia del desiderio e luoghi come spazi di incontro e relazione
Nel lavoro che realizzeremo a Capraia con Fondazione Sanlorenzo, il tema centrale sarà quello dei luoghi come spazi di incontro e relazione. Questo tema è emerso in una prima fase di ascolto e confronto tra il team di lavoro, la Fondazione e alcuni stakeholder locali, ma resteremo aperti a metterlo in discussione. Saranno le interviste, le osservazioni e i dialoghi con i cittadini a confermare — o riorientare — la direzione da prendere. In un contesto dove lo spazio pubblico è spesso ridotto o poco abitato, ci chiediamo: come si può progettare uno spazio che favorisca i buoni incontri? Quali condizioni devono esistere affinché persone, idee e desideri possano riconoscersi, mescolarsi, generare qualcosa di nuovo?
 
Non abbiamo risposte definitive, ma sappiamo che il punto di partenza saranno i desideri delle persone. I desideri incarnati nei corpi di chi abita stabilmente l’isola, di chi la attraversa stagionalmente, ma anche nei “corpi materiali” dell’architettura, del paesaggio, nei sentieri verdi che coprono gran parte del territorio (circa il 77% dell’isola è tutelato dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano). Senza dimenticare gli spazi in attesa, semi-abbandonati, che chiedono solo di essere riletti.
Progettare, per noi, significa far emergere quei desideri latenti, alimentare immaginazione condivisa e attivare condizioni che rendano possibile la relazione. Non per regolarla o controllarla, ma per permetterle di emergere con valore.

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1. Aprire un immaginario condiviso

Prima di decidere “cosa fare”, vogliamo capire cosa si desidera. Non solo ciò che manca, ma ciò che potrebbe esistere. I desideri, prima ancora dei bisogni, sono spesso il motore invisibile dei progetti più autentici. Per questo partiamo da lì: dal desiderio come forza trasformativa, capace di orientare l’immaginazione e aprire scenari nuovi.
 
Useremo strumenti semplici – camminate lente, mappe emotive, raccolta di storie – per far emergere visioni e possibilità ancora latenti. Non siamo alla ricerca di soluzioni preconfezionate, ma di visioni che permettano la costruzione di idee condivise.
A guidarci sarà anche Spazio al desiderio di Zandonai e Venturi, che ci ricorda come ogni valore nasca dall’incontro tra competenze e significati. E i significati, sulle isole, emergono solo con ascolto profondo.

2. Osservare i vuoti,
non solo i pieni

I luoghi dimenticati, abbandonati o sottoutilizzati potrebbero essere i più fertili, sicuramente sono quelli più osservati e criticati. A Capraia, ciò che non è ancora funzionale (o funzionante) può diventare spazio di possibilità. Il vuoto, in questo senso, può essere considerato come una soglia aperta verso ciò che può essere trasformato, abitato, riattivato.
 
Osservare i vuoti significa allenare lo sguardo a cogliere ciò che può nascere, rileggere i luoghi attraverso nuovi significati. Cercheremo di esplorare anche gli spazi sospesi, quelli che nessuno ancora reclama. Lo faremo con camminate lente, micro-mappature condivise, osservazione silenziosa. L’obiettivo non è “riempire” ogni vuoto, ma capire se e come possa essere riconvertito in luogo vivo e collettivo.

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3- Ascoltare senza interrompere

L’ascolto sarà il nostro strumento principale, non solo come metodo di raccolta dati, ma come atto relazionale. Nelle piccolissime comunità ascoltare significa entrare in punta di piedi nella quotidianità delle persone, sospendere il giudizio, lasciare spazio ai racconti, anche quando sembrano distanti o frammentati. Siamo convinti che la qualità della progettazione dipenderà più dalla qualità dell’ascolto che dalle soluzioni individuate.
 
L’ascolto è uno strumento per generare fiducia e costruire un’autorevolezza progettuale che permetterà a Fondazione Sanlorenzo di poter operare in modo duraturo e generativo anche nel futuro.

4. Favorire la costruzione
di senso

Il nostro obiettivo non è consegnare un progetto finito, ma attivare un processo generativo (poi certo, se dovessero emergere idee e progetti significativi per le persone, ne saremmo davvero felici). Un processo che possa continuare anche dopo questi primi mesi di progettazione, lasciando a Fondazione Sanlorenzo e alla comunità di Capraia una relazione solida, intima e duratura.
 
Per riuscirci, ogni azione dovrà rafforzare la capacità della comunità di leggere se stessa, interpretare le trasformazioni in corso e costruire nuove possibilità a partire dalle proprie risorse, dalla propria storia e, soprattutto, dai propri desideri.

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Progettare nel margine
 
Capraia, isola ultra periferica toscana, come molte isole minori è territorio complesso. Il nostro lavoro non vuole sovrapporsi a quello della comunità, ma affiancarsi con delicatezza, aprendo spazi, facilitando connessioni, costruendo visioni collettive.
Nel progetto Sanlorenzo Futuro, crediamo che co-progettare nei piccoli luoghi significhi prima di tutto saper immaginare insieme. Perché prima ancora di costruire nuovi spazi, dobbiamo avere il coraggio di sognarli.

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