Adesso arriva davvero lo stop ai green claims ingannevoli, cioè le pratiche commerciali che sfruttano, in modo scorretto, il tema della sostenibilità per attirare i consumatori. Niente più prodotti presentati come “neutri” o “a impatto zero” quando le aziende non forniranno le prove necessarie. Altrimenti, scatteranno le sanzioni.
È il provvedimento approvato durante il Consiglio dei ministri, proposto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Il decreto legislativo, che va ad aggiornare il Codice del consumo e fissa dei paletti da adottare entro il 27 marzo 2026, recepisce la direttiva 2024/825 dell’Unione europea (nota come ECGT Empowering Consumers for the Green Transition) sulle pratiche commerciali sleali e sui diritti dei consumatori per contrastare il greenwashing, l’obsolescenza precoce e i marchi di sostenibilità poco credibili, rafforzando diritto all’informazione e capacità di scelta delle persone
E’ da più di un anno che seguiamo e lavoriamo per alcuni partner intorno a questa direttiva, che per noi non è solo un adempimento normativo, ma un tassello fondamentale in un ecosistema di mercato fondato su dati, trasparenza e responsabilità condivisa. In un contesto in cui la regolazione guarda sempre più alla veridicità dei dati ESG, la Direttiva non incide soltanto su comunicazione, copy o scelte grafiche: chiama in causa il design di sistema dentro le organizzazioni.
Significa riallineare linguaggi, processi, dati e governance, lavorando in modo integrato tra marketing, sostenibilità, ufficio legale, operations e finanza. La Direttiva diventa così un’occasione per progettare (o ripensare) il modo in cui l’azienda produce, valida e mette in circolo informazioni sulla sostenibilità, trasformando la compliance da vincolo formale a leva di apprendimento, innovazione interna e posizionamento competitivo.
La Direttiva nasce con un obiettivo politico chiaro: responsabilizzare i consumatori per la transizione verde riducendo l’asimmetria informativa che oggi caratterizza molta comunicazione aziendale sui temi della sostenibilità.
Cosa prevede, in sintesi, il decreto di attuazione della 2024/825
• Greenwashing sotto esame
Le dichiarazioni ambientali non potranno più basarsi su slogan generici: dovranno poggiare su dati misurabili e su metodologie riconosciute, in grado di essere controllate dalle autorità e contestate in caso di abuso.
• Un’unica bussola per durabilità e riparabilità
Arriva un sistema europeo di informazioni armonizzate sulla vita utile e sulla possibilità di riparare i prodotti, così che le persone possano confrontare opzioni diverse non solo sul prezzo, ma anche sulla loro longevità.
• Etichette e marchi sotto la lente
Schemi di etichettatura e marchi “green” dovranno essere basati su criteri trasparenti, accessibili e non discriminatori, con controlli affidati a soggetti terzi indipendenti, per evitare loghi autoreferenziali o poco credibili.
• Vigilanza e regime sanzionatorio
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sarà chiamata a presidiare l’applicazione delle nuove regole, potendo intervenire contro le pratiche scorrette e comminare sanzioni in caso di violazioni sistematiche o particolarmente gravi.
• Fine dell’obsolescenza “programmata”
La normativa interviene anche sulle pratiche che riducono artificiosamente la vita dei beni: la durata e la riparabilità diventano dimensioni centrali, scoraggiando strategie di obsolescenza precoce e favorendo prodotti pensati per durare di più.
• Informazioni semplici, ma robuste
Ogni riferimento a benefici ambientali dovrà essere chiaro, pertinente e supportato da prove, in modo che il consumatore possa capire facilmente cosa sta comprando e fare scelte di acquisto davvero consapevoli, non guidate da promesse vaghe.
È un cambiamento che riguarda tanto il linguaggio quanto le logiche di prodotto, processo e governance.
Dal momento in cui le nuove norme saranno pienamente applicabili, le aziende non potranno più usare claim come “ecosostenibile”, “ecologico”, “riciclato”, “amico della natura”, “packaging riciclato”, etc etc,se queste asserzioni non sono supportate da evidenze verificabili (dati validati da enti terzi, certificazioni, standard riconosciuti, piani di riduzione con KPI chiari). In assenza di queste basi, si tratta di asserzioni generiche potenzialmente ingannevoli per il consumatore.
Non solo parole: nel mirino entrano anche colori, simboli, immagini che, pur senza dichiarazioni esplicite, evocano sostenibilità (i cosiddetti claim impliciti). In più, se un’azienda si posiziona come “attiva nella riduzione del proprio impatto ambientale”, dovrà condividere con gli stakeholder (consumatori inclusi) il proprio piano di azione, i KPI e gli strumenti finanziari dedicati.
Non basterà più dichiarare, bisognerà mostrare.
Nella nostra lettura, ECGT è una norma abilitante: sposta l’asse dal “dire verde” al “dimostrare impatti e performance”.
Premia le aziende che hanno già investito in misurazione, tracciabilità e miglioramento continuo
Riduce il rumore semantico fatto di claim vaghi e non comparabili
Crea un campo di gioco più equo, dove chi sostiene un claim ha dietro dati, metodi e verifiche terze. Un campo da gioco in cui i prodotti veramente sostenibili possano emergere maggiormente.
Per le imprese che lavorano seriamente sulla sostenibilità, l’effetto è duplice: riduzione del rischio (legale e reputazionale) e maggiore riconoscibilità del proprio impegno.
In questo scenario si inserisce il lavoro che, come Glocal Impact Network, abbiamo realizzato insieme a diverse aziende italiane operanti in campi produttivi diversificati e che hanno scelto di anticipare la Direttiva 2024/825.
Abbiamo chiamato questo lavoro risemantizzazione: una trasformazione che non si limita a “correggere testi”, ma ripensa il linguaggio e lo riallinea con i dati grazie a nuovi processi di governance interna.
Per le aziende che vogliono arrivare pronte all’applicazione di ECGT e del decreto italiano, Glocal Impace Network, insieme a una rete di partner tra cui Ilaria Rudisi ed Ella Marciello, ha strutturato un percorso ECGT-ready che include:
Se vuoi capire cosa significa, in concreto, “mettere a terra” la Direttiva 2024/825 nella tua organizzazione possiamo lavorarci insieme!